Metá degli anni ‘90, il mio primo anno di universitá: corsi tutti i giorni, mattina e pomeriggio – o almeno questo avevo raccontato a mia madre. In realtá il martedí era libero, ma io uscivo lo stesso alle 10 di casa e affrontando una rapida (si fa per dire…) combinazione di autobus e metro riuscivo ad essere intorno a mezzogiorno a piazzale Flaminio. Lí mi veniva a prendere Giuliano, il mio amico batterista per cui avevo una discreta scuffia. Aveva gli occhi azzurri enormi e un sorriso anche piú grosso. L’unica cosa che aveva piccola era il sellino del motorino ma io ci salivo lo stesso e stavo appesa lí dietro con gli occhi chiusi, sventolando come una bandiera mentre lui attraversava Ponte Milvio e puntava deciso verso il profondo nord. Aveva casa libera fino alle 5, poi sarebbe tornata la madre dall’ufficio. E noi non avevamo tempo da perdere, perché se la nostra amicizia rimase per sempre innocente i nostri corpi invece quando si trovavano vicini bruciavano felici nell’inferno del vizio, alla scoperta del piacere. Come due esploratori ci dedicavamo l’uno all’altra con prestazioni che avevano un che di funambolico, fino a che uno dei due non diceva “Facciamo una pasta?”. E la pasta era sempre la stessa, la specialitá di Giuliano: La Puttanesca – la pasta di chi preferisce fare l’amore che cucinare.
Il sugo della Puttanesca si fa soffriggendo l’aglio con un po’ di peperoncino, poi si aggiungono olive nere, acciughe, capperi e pomodoro fresco (o salsa). Lo potete anche preparare in anticipo e poi aggiungere la pasta appena scolata (meglio lunga che corta).
NB: Dopo aver preparato il sugo e prima di un eventuale contatto intimo LAVATEVI LE MANI – va bene come regola generale ma se avete pure spezzettato il peperoncino vale anche di piú.